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Recensione: Spezzate di J.E.S. Doyle

  Scheda libro: Casa editrice: Tlon edizioni Collana: Numeri primi Anno di pubblicare: 2022 Genere: Saggistica/Femminismo Target: All Formato: Brossura, 297 pagine Codice ISBN: 978-88-31498-65-4 Prezzo: 19,00 € Risvolto di copertina: Donne che sbagliano. Donne che crollano. Donne che, con la loro condotta, osano sfidare i limiti imposti da una cultura patriarcale. Donne spezzate dal morboso piacere di vederle fallire. È di queste donne che Jude Ellison Sady Doyle parla nel suo nuovo libro, Spezzate. Perché ci piace quando le donne sbagliano, esplorando il meccanismo perverso che stritola e soffoca le donne di ogni epoca. Da Charlotte Brontë a Miley Cirus, da Britney Spears a Hillary Clinton, Doyle ricostruisce l’ascesa e la caduta di queste donne esplorando il fenomeno sociale della trainwreck: il deragliamento dai binari del proprio ruolo che porta a perdere tutto ciò che si era ottenuto. Come già ne Il mostruoso femminile, questo saggio crudo e graffiante è anche un invito rivol

Le interviste di Lego et Cogito: Gaudenzio Schillaci


Cari lettori e Care Lettrici,
Benvenut* al consueto appuntamento de 'Le interviste di Lego et Cogito'. L'ospite della settimana è Gaudenzio Schillaci, un giovane scrittore catanese che ci parla del suo romanzo: La felicità si racconta sempre male. Mi auguro che l'intervista sia di vostro gradimento. Buona lettura.

Ciao Gaudenzio, presentati alla nostra community e parlaci un po' di te.

Innanzitutto vi ringrazio per lo spazio e l’attenzione concessemi, che non sono mai scontate per un debuttante e ancor di più per chi, come me, non ha padrini da dover ringraziare ma ha passato quasi due anni a mandare mail alle case editrici fino a trovare l’offerta giusta. Sono Gaudenzio Schillaci, nato a Catania una torrida estate di quasi trent’anni fa, vivo e lavoro a Bologna da circa un anno, dove mi sono trasferito in cerca di una serenità che credo di aver trovato sotto i portici di questa città e sono, sostanzialmente, uno stronzo, un miserabile e una nullità, ma cerco di esserlo con un po’ di stile.

Quando è nato in te l'amore per la scrittura?

Non ho mai nutrito un particolare amore per il mestiere di scrivere, non sono uno di quelli che si siede alla scrivania in un determinato momento del giorno e butta giù un determinato numero di pagine. Faccio casino, scrivo quando e dove mi viene in mente qualcosa e poi, con più calma e due o tre birre da 66 CL in corpo, cerco di plasmare il caos che viene vomitato fuori dalla mia mente. Scrivere è quindi per me un modo per mettere a fuoco meglio certe creature che vengono a turbare la mia serenità, dargli uno spazio e un tempo, renderle tangibili. Per questo mi piace utilizzare dei contesti storici, sociali e geografici veri, com’è, ad esempio, Catania in questa storia: perché aumentano la percezione reale che ho di loro. Un po’ come se camminassero ai miei piedi e io dettassi loro i passi da fare, le cose da dire, divertendomi a vederli inciampare o facendoli finire dentro pozzanghere di fango.
Piuttosto che amante della scrittura, però, sono sempre stato affascinato dai meccanismi della narrazione, che sia cinematografica o musicale o letteraria o visiva poco cambia. Più che di amore per la scrittura, quindi, parlerei di amore per la narrazione, e quella è nata quando, sin dalla tenera età di quattro o cinque anni, nascondevo le videocassette di mio padre nelle custodie di quelle Disney che mia madre comprava per me. E non erano film porno, quelli non sono mai riuscito a trovarli, chissà in quale cassetto di casa li nascondevano. 

C'è un autore al quale ti ispiri particolarmente? 

Citare un solo autore come fonte di ispirazione sarebbe estremamente riduttivo, quasi offensivo nei confronti della miriade di romanzi, film, canzoni che ho spolpato con una voracità spesso cannibalesca. Di certo tra le mie letture preferite vanno citati Michel Houellebecq (mi viene in mente un simpatico ricordo che mi lega ad una mia vecchia amica la quale, trovatomi a leggere “Sottomissione”, pensava si trattasse di un manuale per diventare sadomasochisti – manuale di cui, per inciso, non avrei bisogno), Fulvio Abbate, Woody Allen, Emmanuel Carrère, Irvine Welsh e Leonardo Sciascia ma, specie in questo romanzo, l’influenza di tutto il filone cinematografico del poliziottesco anni ’70, non solo nelle opere più dure come quelle di Umberto Lenzi ma anche nelle sue derive più da cassetta come l’epopea di Er Monnezza, è forte e credo si senta non poco. Per non parlare poi del gusto per i dettagli di Paolo Sorrentino e la feroce crudeltà narrativa di Abel Ferrara. I riferimenti sono molteplici e spesso dissonanti tra di loro, ma io sono felice solo quando sento le cose stridere una contro l’altra.


È appena uscito il tuo romanzo d'esordio: La felicità si racconta sempre male. Quando è nato il progetto di tale libro?

Una prima stesura (a cui la definitiva è rimasta comunque discretamente fedele) nacque ormai due anni fa e, come lascio dire ad uno dei tre personaggi protagonisti, il progetto venne alla luce perché “scrivere è l’unico modo che ha inventato l’uomo per colmare i buchi di un’assenza”. Poi è passato da varie mani, editori disattenti, editori a solo scopo di lucro ed editori poco puliti, fino a restarsene, la scorsa estate, a languire in un anfratto del mio hard disk. Quando ho conosciuto i ragazzi di Dialoghi e il loro progetto è risbucato fuori e nel giro di due mesi il contratto era firmato e il romanzo rivisto, corretto, smussato in certi angoli e impuntito in certe morbidezze.

Di cosa parla il tuo romanzo?

Parla di redenzione. Tutti i personaggi protagonisti cercano una redenzione da qualcosa, che poi è quello che cerco di fare anch’io nella mia vita quotidiana e credo sia quello che cercano di fare tutti. Per questo è molto più vicino al noir che al giallo: non è tanto l’indagine poliziesca ad interessarmi, né tantomeno il trovare un maggiordomo a cui dare la colpa, quanto piuttosto analizzare i personaggi e il loro essere frivoli nel tentativo di apparire altro da sé. Portano maschere di piombo che li fanno sembrare spietati, ma se li guardi bene hanno delle piume colorate attacate al culo che li rendono ridicoli. A me piace guardare sotto quelle piume.

Parlaci un po' dei personaggi principali del libro. Chi sono i protagonisti? A chi o a cosa ti sei ispirato nella loro caratterizzazione?

I protagonisti sono tre: Gerri Santiloro, un uomo sul cui passato si estende un punto interrogativo lungo venticinque anni e dalla cui morte violenta e confusa parte il romanzo, Cristina Selleri, bionda da copertina ma senza le ambizioni giuste per finirci e Davide Bovio, problematico commissario di polizia, uomo da marciapiede e collezionista seriale di fallimenti. Nella loro caratterizzazione ho versato litri e litri di me stesso, come fosse una terapia di gruppo ma di quel gruppo fossi l’unico membro accettato. L’unico personaggio che si distanzia leggermente da me è forse Cristina ma è dovuto al fatto che, specie nei tratti somatici e in certe sue piccole nevrosi, avevo in mente una precisa persona realmente esistente di cui non posso fare il nome perché non ho abbastanza soldi per potermi permettere buoni avvocati e quei pochi soldi che ho preferisco spenderli in superalcolici e formaggi francesi. Ma anche in quel personaggio c’è molto di me, più di quanto si possa immaginare, avvenenza fisica esclusa.

'La felicità si racconta male' è un romanzo autoconclusivo?

Se ti pagano abbastanza per scrivere un seguito nessun romanzo è autoconclusivo. Il Commissario Bovio, poi, è un personaggio che, nel corso della storia, si trova a dover affrontare un cambiamento drastico nella sua vita, che potrebbe renderlo il probabile protagonista di un eventuale seguito. 

Che messaggio intendi trasmettere con il tuo romanzo?

I messaggi da trasmettere li lascio al papa, io non ne ho e non ne voglio. Il mio intento era quello di dare vita a dei personaggi che tormentavano la mia testa, dargli una forma umana e non solo onirica. Volevo che venisse fuori la crudeltà della realtà, il nostro essere materia fraintendibile, il nostro essere poveri stronzi che cercano di galleggiare in un mare aperto aggrappandosi a qualcosa. E quei tre di cui racconto in questo romanzo credo siano una simpatica brigata di notevoli stronzi bravi, bravissimi ad affogare.

Hai progetti per il futuro?

Diventare abbastanza famoso da poter partecipare al Grande Fratello VIP per limonare in diretta tv con le showgirl rifatte cadute in disgrazia, e per farlo ho già pronti altri due romanzi, entrambi già in cerca di una casa editoriale e di cui uno scritto a quattro mani con uno scrittore di ben altro livello e della cui amicizia posso fregiarmi, Alberto Minnella. Inoltre, giù dalle mie parti c’è un bel fermento di gente che ha parole da scrivere e a cui piace scriverle sfumandole di giallo, non mi dispiacerebbe se si venissero a creare le condizioni giuste per poter creare una sorta di “via siciliana al noir” incrociando le penne con il già citato Minnella, con quel marcantonio di Rosario Russo o con quel galantuomo di Seba Ambra. Chissà. L’unica cosa certa è che le mie dita non sono ancora stanche di ticchettare su una tastiera, quindi ci saranno altri romanzi firmati dal mio eccentrico nome. Sempre se qualcuno sarà disposto a pagarmi per farlo, che le birre non si pagano certo da sole.

Marianna Visconti 

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