Cari lettori e Care lettrici,
Il 23 aprile si celebrerà la giornata internazionale del libro. In vista di tale ricorrenza, ho voluto dedicare l'articolo di oggi al concetto di lettura letteraria.
Vi siete mai chiesti quale fosse la differenza fra il libro non letterario e il libro che si orgina nell'arte? Non so voi, ma prima di aver letto "Lo spazio letterario" di Maurice Blanchot non mi ero posta alcun problema.
Eppure, queste intricate ma illuminate pagine, mi hanno fatto comprendere perché i classici siano diventati tali.
La lettura letteraria secondo Maurice Blanchot:
Lo scrittore scrive un libro, ma il libro non è ancora l'opera, l'opera è tale quando - nella violenza dell'inizio che le è proprio- si pronuncia la parola essere.
Se il libro in senso non letterario è già presente ed è come se fosse stato letto da tutti, l'opera letteraria è ancora celata e diviene tale "solo nello spazio aperto da quell'unica lettura, che ogni volta è sempre la prima".
Leggere, in questo senso, significa far in modo che il libro venga scritto senza che nessuno lo scriva: il lettore senza esserne cosciente, cancella lo scrittore restituendo il libro alla sua presenza anonima e impersonale. In questo, autore e lettore, sono pari:
Anche il lettore stesso è fondamentalmente anonimo, è un lettore qualsiasi, unico ma trasparente. Non aggiunge il proprio nome al libro (...), piuttosto cancella ogni nome, grazie alla sua presenza senza nome, grazie al suo sguardo modesto, passivo, sostituibile e insignificante sotto la leggera pressione del quale il libro appare scritto, distante da tutto e tutti.
Quando l'opera diviene opera:
La lettura letteraria, quella vera, non mette mai indiscussione il vero libro: non discute e non interroga; non crea e non aggiunge nulla. La lettura, in questo senso, è un impulso libero, quella libertà da cui si trae la violenza dell'inizio, quel "sì silenzioso che si trova al centro di ogni tempesta". Così, seppur non agisca, in essa tutto si compie:
Per Kafka l'angoscia, le storie incompiute, il tormento di una vita perduta, di una missione tradita; ogni giorno mutato in un esilio, ogni notte esiliata dal sonno e, per concludere, la certezza che "La metamorfosi è illeggibile, del tutto sbagliata". Invece, per il lettore di Kafka l'angoscia che diventa scioltezza e felicità, il tormento di aver sbagliato che si trasforma in innocenza e, in qualsiasi frammento del testo, il rapimento della pienezza, la certezza che l'opera venga portata a termine, il rivelarsi dell'opera unica, inevitabile e imprevedibile.
Solo attraverso la lettura letteraria l'opera diviene opera, ossia quella per la quale una certa poesia viene letta "come se fosse una nuova poesia, e non come se fosse ridetta, già pronunciata e sentita". L'essenza dell'opera, quindi, risiede nello spazio letterario, nella neutralità ch'è assenza di determinazioni.
Per concludere: vi consiglio vivamente di recurare questo libro. Mi rendo conto che non sia una lettura semplice, ma vale la pena davvero farla.
Marianna Visconti
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