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Recensione: Spezzate di J.E.S. Doyle

  Scheda libro: Casa editrice: Tlon edizioni Collana: Numeri primi Anno di pubblicare: 2022 Genere: Saggistica/Femminismo Target: All Formato: Brossura, 297 pagine Codice ISBN: 978-88-31498-65-4 Prezzo: 19,00 € Risvolto di copertina: Donne che sbagliano. Donne che crollano. Donne che, con la loro condotta, osano sfidare i limiti imposti da una cultura patriarcale. Donne spezzate dal morboso piacere di vederle fallire. È di queste donne che Jude Ellison Sady Doyle parla nel suo nuovo libro, Spezzate. Perché ci piace quando le donne sbagliano, esplorando il meccanismo perverso che stritola e soffoca le donne di ogni epoca. Da Charlotte Brontë a Miley Cirus, da Britney Spears a Hillary Clinton, Doyle ricostruisce l’ascesa e la caduta di queste donne esplorando il fenomeno sociale della trainwreck: il deragliamento dai binari del proprio ruolo che porta a perdere tutto ciò che si era ottenuto. Come già ne Il mostruoso femminile, questo saggio crudo e graffiante è anche un invito rivol

Le interviste di Lego et Cogito: Massimo Cracco

 

Cari lettori e Care lettrici, 

benvenut* al consueto appuntamento de "Le interviste di Lego et Cogito". L'ospite di oggi è Massimo Cracco, autore di "Senza", edito da "Autori Riuniti". Buona lettura. 


Massimo, presentati alla nostra community e parlaci un po' di te. 

Ho un carattere solitario, mi piace la compagnia ma con moderazione, la gente mi interessa, mi piace capirla, osservarla, l’osservazione è elemento propedeutico alla scrittura; pur non disdegnando gli altri, per vocazione rimango un solitario; ovviamente amo leggere e scrivere, le mie letture spaziano dalla saggistica alla narrativa, dei miei libri la metà sono filosofia e psicanalisi, l’altra romanzi e poesia, in parallelo ai corsi universitari ho studiato musica, chitarra classica che poi ho insegnato per più di dieci anni. 


Hai avuto una formazione abbastanza eterogenea. In che modo essa ha influito sulla tua inclinazione verso la scrittura? 

Ho due anime, quella umanistica e quella scientifica, ho studi classici alle spalle e un mai sopito interesse per la filosofia, nonostante gli studi universitari scientifici; non credo alla formazione monotematica, coltivare tutte le proprie inclinazioni è fondamentale, non siamo una ‘cosa sola’, non ha senso l’identificazione in un ruolo cristallizzato; quando scrivo un programma matematico utilizzo gli stessi strumenti che mi servono per scrivere un libro, logica e fantasia, scrivere sottintende un progetto da pensare e articolare, è come ideare una macchina; la fantasia non rimanda necessariamente solo all’arte, riguarda ogni disciplina, serve a rivisitare soggettivamente una qualsiasi attività, la creatività è il ‘come’ che permette di sfuggire alla monotonia di un qualsiasi routinario ‘cosa’: se in quel che fai, qualsiasi cosa tu faccia, riesci a mettere creatività, ti metti in salvo.


C'è un autore o un'autrice al/alla quale ti ispiri particolarmente?

Non in particolare, cerco di imparare da tutti gli autori che mi colpiscono, se un libro mi piace lo leggo dieci, venti volte, Dissipatio HG di Morselli l’ho consumato, così come Roma senza papa, Opinioni di un clown di Heinrich Böll, così il Teatro di Sabbath di Philiph Roth e Murphy di Samuel Beckett, in genere non saprei indicare questo o quell’autore in particolare, vado a ‘libro’, posso dire quali libri ho amato; sottolineo in ‘genere’ però, perché almeno per Thomas Bernhard faccio eccezione, della narrativa di Bernhard ho letto tutto, è un autore che amo visceralmente. E la narrativa è una parte dei miei interessi, amo la saggistica, ho un debole per Foucault, Heidegger, Deridda, Wittgenstein e naturalmente Cioran che in qualche modo sta dietro il mio Senza; e ho un debito culturale con la psicologia analitica, Jung, Hilmann, Von Franz ed epigoni.




Il tuo ultimo romanzo "Senza" è definito come "un viaggio nel cuore oscuro dell'Italia di qualche decennio fa". Quali tematiche affronti in tale viaggio? 

Il romanzo è la storia di un rifiuto, il rifiuto della Storia rivendicato da un corpo. Paolo vuole auto esiliarsi dal mondo, lo sente insultante, ne rifiuta la logica di violenza, il pensiero collettivo, l’urgenza di conformarsi a regole, quelle scritte e quelle non scritte; ai tempi della sua infanzia ancora si avvertono gli echi delle recenti assurdità della guerra, dei campi di sterminio per cui Paolo prova disgusto, il rifiuto di Paolo è categorico e, poiché il raziocinio non ha adeguati strumenti di fronte a tanti orrori, è il corpo che si incarica di una risposta. Paolo vuole suggellare la sua rinuncia con l’amputazione delle gambe, ispirato da una fatto di cronaca che gli lascia un’indelebile impressione: Chloe Jennings, americana dello Utah, affetta da B.I.I.D. (Body Integrity Identity Disorder), sempre più insofferente di avere e sentire le gambe, si è fatta recidere il midollo spinale. Chloe ora è felice. Paolo cresce in questo suo auto esilio e il suo temperamento ossessivo lo tiene avvinghiato al caso Jennings, ne dà un’interpretazione coerente alla sua vocazione di perdente: senza gambe, la sua rinuncia diventerebbe definitiva, da fermo eviterebbe il contagio del mondo.



Nella stesura del romanzo ti sei ispirato a Cioran. Cosa ti accomuna a tale filosofo? E perché? 

A Cioran mi accomuna la visione del mondo, della realtà come non senso e paradosso, come sommatoria di eventi inconciliabili con la pretesa di una razionalità della razza umana, Cioran mi è affine nel rifiuto della Storia che eccettua significati autentici e duraturi; nella visione della realtà come urgenza di adattamento continuo, realtà a cui cerchiamo di adattarci perché ‘obbligati’ a viverla, che di giorno in giorno è soggetta, per sua natura, a una progressiva decomposizione e che, dunque, nel proporsi allo stesso tempo si nega. Il pessimismo militante è il luogo dove incontro Cioran. 


Secondo te, chi è il lettore e la lettrice ideale di "Senza"? 

Il libro è per chi si interroga sull’esistenza e sul suo senso complessivo, questa ‘folle’ storia paradossalmente invita a una riflessione di interesse comune: il disadattamento di Paolo è l’esasperazione di quello silenzioso di ogni essere umano, non parlo di singole storie personali, gli uomini sono disadattati semplicemente perché ‘sono’; ci amputiamo nelle relazioni, rinunciando a parti di noi per farle sopravvivere e amputiamo possibilità in genere perché scegliere è sempre un’esclusione. Ognuno di noi pianifica più o meno consapevolmente le proprie strategie di adattamento, lo facciamo tutti i giorni, alcune sono manifeste altre una specie di automatismo, l’adattamento di Paolo sta nella rinuncia, uscire dal mondo (con l’atto tangibile e simbolico dell’amputazione) è la sua soluzione.


Per concludere: secondo te, perché le persone, che leggono questa intervista, dovrebbero dare una possibilità a "Senza"? 

Senza è un libro scomodo ma tocca corde comuni, l’adattamento, le nostre inespresse idiosincrasie, ‘Senza’ può darci la misura della nostra adesione al mondo, ci può far capire a che punto siamo con noi stessi, tuttavia non è un testo pesante, qui e là si sorride, non manca di ironia. L’intreccio è ispirato da fatti di cronaca accaduti a Verona tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta a Verona, dove è ambientato il libro, gli omicidi della banda Ludwig rivendicati in nome di ideologie filonaziste e filtrate da una buona dose di delirio religioso; il libro dunque è arricchito di riflessioni sulla Chiesa Cattolica, un tema di interesse comune; in Senza, poi, si trovano spunti legati all’etica della cura medica, il significato della sofferenza dei corpi, insomma coabitano tanti eterogenei elementi, l’aspirazione di Paolo ne è il collante che trascina fin dalle prime pagine.


Marianna Visconti 


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