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Recensione: Spezzate di J.E.S. Doyle

  Scheda libro: Casa editrice: Tlon edizioni Collana: Numeri primi Anno di pubblicare: 2022 Genere: Saggistica/Femminismo Target: All Formato: Brossura, 297 pagine Codice ISBN: 978-88-31498-65-4 Prezzo: 19,00 € Risvolto di copertina: Donne che sbagliano. Donne che crollano. Donne che, con la loro condotta, osano sfidare i limiti imposti da una cultura patriarcale. Donne spezzate dal morboso piacere di vederle fallire. È di queste donne che Jude Ellison Sady Doyle parla nel suo nuovo libro, Spezzate. Perché ci piace quando le donne sbagliano, esplorando il meccanismo perverso che stritola e soffoca le donne di ogni epoca. Da Charlotte Brontë a Miley Cirus, da Britney Spears a Hillary Clinton, Doyle ricostruisce l’ascesa e la caduta di queste donne esplorando il fenomeno sociale della trainwreck: il deragliamento dai binari del proprio ruolo che porta a perdere tutto ciò che si era ottenuto. Come già ne Il mostruoso femminile, questo saggio crudo e graffiante è anche un invito rivol

Le interviste di Lego et Cogito: Paolo Pajer

 

Leggermente distopico

Cari lettori e Care lettrici, 

Benvenuti/e al consueto appuntamento con "Le interviste di Lego et Cogito". L'ospite della settimana è Paolo Pajer, un autore che ha all'attivo ben tre pubblicazioni e oggi ci parla della sua ultima opera: Leggermente distopico. Buona lettura. 


Ciao Paolo, presentati alla nostra community e parlaci un po' di te

Ciao Marianna, grazie per lo spazio che mi dedicate. 

Sono nato a Venezia, ho cinquantuno anni anagrafici ma quarantuno percepiti, sono cresciuto in Trentino, dal 2000 vivo e lavoro in provincia di Siena. Amo la mia famiglia, la mia boxerina, lo sport in generale, leggere, camminare e andare in montagna. 

Due anni fa ho aperto un sito dove ho raccolto queste e altre informazioni, e dove invito tutti gli amici della community: www.paolopajer.it


Quando è nato in te l'amore per la scrittura? 

Da sempre, ho sempre amato scrivere e cercare di imprimere su un foglio le mie emozioni e i miei pensieri. Nel tempo, per motivi di studio e lavoro, ho approfondito anche l'aspetto teorico e tecnico della scrittura come azione intenzionale di trasmissione di un contenuto, arrivando a organizzare e condurre laboratori di scrittura per studenti universitari e per assistenti sociali.

La scrittura è una delle armi più potenti che esistano: sconfigge il tempo e la morte. 


C'è un autore o un'autrice al/alla quale ti ispiri particolarmente? 

Ce ne sono diversi, alcuni li adoro per la loro capacità di creare mondi straordinari e un po' magici (Gabriel Garcia Màrquez) altri per la loro inesauribile vena ironica (Arto Paasilinna). L'uso completo del nome e cognome dei personaggi durante la narrazione, ad esempio, sono un omaggio che ho voluto fare al grande scrittore finlandese, scomparso nel 2018. 

Ma se uno è bravo è bravo: non ho mai sottovalutato o scartato a priori autori che non conoscevo; mi considero sempre alla ricerca di qualcuno da cui imparare qualcosa.


Ti va di parlarci di "Il punto estremo" e "Per altre vite"? Di cosa trattano? Cosa hanno in comune? Cosa li differenzia? 

Sono le mie opere precedenti: Il punto estremo, del 2012, è un monologo a tre voci dove si rincorrono legami e vissuti, scolpiti pazientemente e collegati fra loro.

Per altre vite, del 2017, è una storia d'amore intensa, ambientata nei servizi sociali di Villa Rivero dove anche qui varie vicende si sovrappongono a quella professionale e personale del protagonista.

C'è un filo nascosto che unisce i libri che ho avuto la fortuna di pubblicare finora, compreso l'ultimo.

Un filo fatto di elementi narrativi ricorrenti, oltre ad alcuni personaggi a cui sono molto legato. Sui personaggi non voglio svelare troppo, mentre i temi sono quelli inevitabili e, per me, centrali: il viaggio -fisico, metaforico e psicologico-, la complessità della figura femminile, i grandi misteri della vita e della sua conclusione, o del suo passaggio ad altro.

Nelle prime due fatiche avevo dei riferimenti chiari, dei lettori ideali ben precisi, erano i destinatari a cui rivolgevo le mie parole nell'atto di scrivere.

In Leggermente distopico, invece, ho voluto fare una piccola trasgressione, liberando la mia vena ironica, il gusto del paradossale, la simpatia per i nomi stravaganti, dando spazio ai personaggi che chiedevano di essere raccontati, seguendo una traccia narrativa solo abbozzata e che vedevo praticamente nascere e svilupparsi in tempo reale. Ho scritto per me, questa volta.


Copertina libro paolo pajer


Il tuo ultimo romanzo, invece, s'intitola Leggermente distopico. Ti va di spiegarci il senso del titolo? 

Una volta completata la scrittura, mi sono trovato alle prese con la ricerca del titolo. Non riuscendolo a creare con facilità, ho chiesto aiuto a mia moglie (prima beta-lettrice, editor e critico). Mentre stavo tentando di spiegarle il genere letterario in cui avrei collocato il manoscritto, le dissi che era una storia... leggermente distopica. E lei mi ha detto: «Ecco il titolo.».

Una volta trovato l'editore, La Torre dei Venti, l'ho rimesso in discussione ma è stato confermato, in quanto originale e adatto alla storia che vi si trova dentro.


Di cosa parla nello specifico Leggermente distopico? 

La storia viene inquadrata da tre domande fondamentali: Cosa accadrebbe se chiedessi di andare in pensione oggi e tornare al lavoro fra dieci anni? Cosa accadrebbe se mi dicessero di sì? Cosa accadrebbe se il sogno si trasformasse in un incubo?

Il protagonista, Giuseppe Rossi, è un impiegato di mezza età di una grande azienda, stufo della routine e disilluso dal futuro. Un giorno propone un accordo: avrebbe riscosso subito una pensione anticipata per dieci anni, al termine dei quali sarebbe rientrato al lavoro per sempre, fino alla sua morte. Sorprendentemente, gli rispondono di sì. 

Non voglio svelare troppo rispetto al resto del libro, ma è tutto molto emozionante e... leggermente distopico.


Qual è il messaggio che intendi trasmettere con questo libro? 

La vicenda di Giuseppe Rossi rappresenta una fase critica della nostra vita dove, offuscato dalla consuetudine, si rischia di perdere di vista l'importanza di quello che nella vita abbiamo conquistato, anche se non ce ne rendiamo conto o ci sembra poco. La vita è un'avventura comunque e sempre straordinaria, e abbiamo solo questa (forse). Dobbiamo tenerlo sempre presente.


A chi si rivolge Leggermente distopico

Il mio romanzo si rivolge apparentemente a un target di lettori dai 30-40 anni in su. In realtà questa è la storia di un uomo comune che stenta a cogliere il valore e la peculiarità della propria esistenza, perciò credo che potremmo immedesimarci tutti, giovani o meno, in queste pagine.

Cerchiamo nei libri frammenti di noi stessi, inseguiamo il senso della nostra solitudine, del nostro ostinato tentativo di esistere: anche in Leggermente distopico possiamo trovare storie che ci servono da specchio per i nostri orizzonti interiori, da catarsi per le nostre sofferenze.


Ti va di lasciarci una citazione del libro che ritieni particolarmente significativa? 

Volentieri, ve ne lascio due:

La quarta di copertina, che considero emblematica del clima generale del romanzo: 

"Scoprì con amarezza che non aveva ancora toccato il fondo, e temette che il suo potesse essere un abisso mai visto prima."

E una frase che rappresenta invece uno dei punti dove mi sono divertito a fare dei giochi sonori con le parole: 

"Insomma una vita in fase di latenza che stava riscoprendo la deflagrante potenza della novità, del pensiero impensabile che nessuno avrebbe mai pensato che Giuseppe Rossi potesse pensare."


Vi ringrazio di cuore per l'attenzione e lo spazio.

Buona vita e buona lettura a tutti!



Marianna Visconti 


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