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Recensione: Spezzate di J.E.S. Doyle

  Scheda libro: Casa editrice: Tlon edizioni Collana: Numeri primi Anno di pubblicare: 2022 Genere: Saggistica/Femminismo Target: All Formato: Brossura, 297 pagine Codice ISBN: 978-88-31498-65-4 Prezzo: 19,00 € Risvolto di copertina: Donne che sbagliano. Donne che crollano. Donne che, con la loro condotta, osano sfidare i limiti imposti da una cultura patriarcale. Donne spezzate dal morboso piacere di vederle fallire. È di queste donne che Jude Ellison Sady Doyle parla nel suo nuovo libro, Spezzate. Perché ci piace quando le donne sbagliano, esplorando il meccanismo perverso che stritola e soffoca le donne di ogni epoca. Da Charlotte Brontë a Miley Cirus, da Britney Spears a Hillary Clinton, Doyle ricostruisce l’ascesa e la caduta di queste donne esplorando il fenomeno sociale della trainwreck: il deragliamento dai binari del proprio ruolo che porta a perdere tutto ciò che si era ottenuto. Come già ne Il mostruoso femminile, questo saggio crudo e graffiante è anche un invito rivol

Le interviste di Lego et Cogito: Michele Palmieri

 


Cari lettori e Care lettrici, 

Benvenuti/e al consueto appuntamento con Le interviste di Lego et Cogito. L'ospite della settimana è Michele Palmieri, autore di Con la porta aperta - 12 storie. Le storie descritte in quest'opera fanno parte di un quotidiano comune, in cui ognuno/a di noi riscontrarle sulla propria pelle; inoltre, i racconti si differenziano, volutamente, non solo per la trama ma anche nella narrazione, nella lunghezza, nel lessico utilizzato. Nel corso dell'intervista, l'autore ci parla approfittamente di tale opera, per cui, con sommo piacere, vi lascio nelle sue mani. Buona lettura. 


Ciao Michele, presentati alla nostra community e parlaci un po' di te. 

Ciao e grazie a tutti: sono un sales manager e mi reputo fortunato a poter fare il lavoro che mi piace. Mi gratifica guidare e formare un team, dando un contributo alla crescita dell’azienda.

Il mio sogno nel cassetto resta produrre vino e distillare brandy, ma nell’attesa scrivo, principalmente racconti. Proprio da uno di questi è nato Whitaker, di cui scrivo su www.palmierimichele.it e su https://www.facebook.com/albertedwardwhitaker, che si sta creando un suo piccolo seguito, decisamente più di me! 😉 


Quando è nato in te l'amore per la scrittura? 

Diciamo che c’è da sempre, a partire dalle “conclusioni” nei boy-scout e dai temi delle medie, ma da circa quindici anni, dopo tanto allenamento nella lettura, mi sono dedicato alla scrittura. Quattro anni fa, poi, dopo un corso e un workshop di scrittura creativa, ho cercato di disegnare un percorso a quanto usciva dalla penna.


Qual è il tuo libro preferito? 

Questa è una domanda che mi mette sempre in difficoltà: mentre penso a un titolo, ne spunta un altro a correggerlo, ma per citarne uno, non come preferito, quanto come opera che mi ha colpito molto, penso a Giuda, di Amos Oz.


Qual è l'autore o l'autrice a cui ti ispiri particolarmente? 

Sono diversi e ultimamente ho imparato a spaziare molto di più tra autori e generi, ma i principali sono Faletti per le emozioni, Bukowski per l’ironia, Palahniuk per la crudezza.



Parlaci del tuo libro: Con la porta aperta. Di che tratta e quali tematiche affronta? 

Sono dodici racconti, molti diversi tra loro: alcuni temi sono leggeri, tipo “abbordare” una ragazza, altri più impegnativi, contro la violenza sulle donne, per esempio.

C’è lo spazio per riflettere, per farsi una risata, per incazzarsi o indignarsi, senza giudicare, ma solo portandosi a casa delle esperienze.

Parlano delle relazioni, tra amici, parenti, amanti, conoscenti. La relazione predominante, però, è quella che ha il protagonista con sé stesso, il suo profondo legame con le cose, i luoghi, i modi di affrontare la vita. 

In ognuno dei racconti c’è o si vuole lasciare una traccia, ma si cerca di farlo con il contributo del lettore, con le sue esperienze e coinvolgimenti…da qui il titolo “Con la porta aperta”.


Qual è il fil rouge che lega assieme i vari racconti? 

Le emozioni e, soprattutto, quello che scatenano dopo, dentro. Spesso ci vediamo costretti – soprattutto da noi stessi – a indossare la maschera delle emozioni, obbligati a esprimerle, ma lasciandole trasparire solo in un certo modo e tipo. Queste storie, invece, vogliono costruire una stanza, intima e segreta, in cui il lettore possa dare sfogo, senza filtri, a quello che si forma veramente e senza la necessità di doverlo dire.


Che messaggio intendi trasmettere con quest'opera? 

Quello che mi sono voluto ripetere, con questi racconti, è che di realtà ne esistono di diverse e non sono mai preconfezionate. Noi non cambiamo, ci evolviamo, pescando sempre nelle nostre esperienze, nei ricordi, nel vissuto, nel percepito, soprattutto. Se spostassi Arturo di Vendo capuanelle in I Baldi, e viceversa Andrea, verrebbero fuori storie completamente diverse, così ne verrebbero fuori altrettante, se fossi io a calarmi nei panni dei personaggi. Questa precarietà e questa mutevolezza della realtà sono il vero messaggio.


Chi è il lettore o la lettrice ideale del tuo libro? 

Il vantaggio di una raccolta, rispetto a un romanzo, è proprio quella di presentare molti più protagonisti. Ce n’è uno per ogni gusto, insomma. Inoltre, come dicevo, anche i racconti non trattano un tema unico. Ne consegue, quindi, che il lettore rientra in una fascia decisamente ampia. Se proprio dovessi segmentare, direi dai 20 ai 65 anni.


Se ti va, ci lasci una citazione particolarmente significativa del libro? 

Certo e, visto che mi piace strafare, ne evidenzio due.

La prima, dal racconto I Baldi:

Quando al parco vedo qualcuna carina, con o senza cane al seguito, tra me e il rottweiler scatta una muta complicità, dove lui intrattiene la bestiola di turno, generalmente minuscola rispetto a lui e io la sua padrona oppure, per quelle senza animali, comincia a guaire malinconico, abbassa la testa, assume un’espressione languida e addolorata, manco gli avessero investito il gatto. Nessuna gli resiste, devono coccolarlo. E, tornati a casa, lo premio con una porzione extra di Dentastix.

La seconda, dal racconto Quante vite, Ari:

Tante volte ho pregato che tirasse fuori la sua pistola e …bang! Tutto finito nel buio e in un rumore che non so se avrei sentito. 

Ogni singola, maledetta, stracazzo di volta ho pregato. Forse era una piccola follia, ma era l’unica strada che vedevo per uscire dall’inferno. Però, non l’ha mai tirata fuori dalla fondina in cuoio, scurito dal tempo, e non ha mai sparato e non mi ha mai ammazzato. La minaccia, invece, è sempre stata presente e con una forza molto maggiore di quel proiettile che, talvolta, mi sembrava di intravedere dalla canna e che, anche da lì, provocava dolore, molto dolore.


Marianna Visconti 



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